Non tanti sanno che nel 2020 ero già attivo su un vecchio blog. Pretendevo di rinchiudere ciò che amavo, confinandolo in una pagina bianca senza che nessuno potesse guardare. Queste poche righe furono tra le prime che publicai, ormai, quasi 3 anni fa.

Un giorno intero passato ad osservarti, sembravi stanco di startene lì, fermo immobile ad aspettare una piccola donna.
Un giorno intero a consolarti, che poi ciò che nascondi al tuo interno, io, ancora non lo so.
Un giorno intero a chiederti scusa, per i petali caduti, un autunno così gelido non lo avevi visto mai.
Ciò che ti circonda ora sa di morte, perché te ne sei scappato dalla distesa giallastra, che dapprima ti sembrava così noiosa.
Ciò che ti circonda ora è asfalto e le tue radici te le sei dimenticate in quel vecchio posto, dove tutto ora è rifiorito, ma tu non lo saprai mai.
La sottile linea che divide l’asfalto dai sogni ora sa anche un po’ di te, che come un fiore sei caduto e il tuo gambo si è spezzato. 

Forse oggi non scriverei nulla di quanto appena letto.
È sempre difficile rileggersi dopo anni, ma ricordo bene il sentimento che provavo.
Forse è un caso che proprio oggi mi sei apparso.

Ti osservo, almeno da tutto oggi, sembri felice di guardarmi.
L’inverno è passato e i capelli son cresciuti, forse, più forti di prima.
Ciò che ti circonda, ora, sa di vita, perché sei tornato, finalmente a casa.
Ora, ciò che ti è attorno parla con te, il mondo non sembra più dialogare da solo.
Almeno da tutto oggi, ti osservo, non nascondere più ciò che hai dentro e rido di gran gusto a sapere che la giallastra distesa non ha cambiato colore, ma i tuoi occhi si.
La sottile linea di verde che unisce l’asfalto ai fiori ora sa anche un po’ di te, che hai scavato, profondamente, per affondare le tue radici.




Se ti è piaciuta la lettura dai un occhiata al mio ultimo post: Una maschera in affitto prego
Consiglio del giorno: L’Aleph

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